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Il Gioco della Patafisica.

Del perché è importante diventare più patafisici. Sempre. Di giorno e di notte.
Altrimenti non ha senso frequentare una scuola di Teatro.

 

 

La Patafisica è la scienza delle Soluzioni Immaginarie.

Ci regala l’illusione di mettere a posto qualcosa che invece resta nel caos più assoluto.

Detta così sembra una pratica molto tranquillizzante. Infatti, a volte lo è. Ma non sempre.

Sembra la strategia dello struzzo. In realtà, dentro, c’è del genio.

Forse anche nello struzzo, se interpretiamo la sua strategia in termini zen.

I Patafisici si inventano restrizioni logiche e quali cercano di evadere mediante la creatività.

In pratica, sono come dei topi che si costruiscono trappole dalle quali cercano di scappare.

Noi tenteremo di applicare una Mentalità Patafisica un po’ più edulcorata, visto il poco tempo che abbiamo a disposizione.

Lo sforzo non sarà tanto quello di inventarci delle restrizioni logiche e matematiche da cui evadere mediante la creatività quanto piuttosto il tentativo di pensare a lato, di cercare quello che non c’è, di progettare quello che nonesiste.

Di abitare il paradosso, l’assurdo, l’insostenibile.

Inizieremo con una serie di esercizi di scrittura che prepareranno il terreno cerebrale per tale impresa, costringendoci a lasciarci andare al gioco dell’assurdo.

Prima saranno esercizi di scrittura automatica a tempo. Io vi darò un titolo, che corrisponderà ad una suggestione patafisica, e voi avrete tre minuti esatti di tempo per scrivere qualunque cosa vi venga in mente per associazione, scrivendo il più rapidamente possibile senza mai sollevare la punta della penna dalla pagina e senza preoccuparvi della sintassi, della calligrafia, della punteggiatura, dei nessi logici.

Non si tratta di comporre ma di scaricare.

Dopo passeremo a dei veri e propri compitini.

Le matite colorate serviranno per le illustrazioni.

Non la casa, l’albero, il bue, la fidanzata e il laghetto ma piuttosto segnacci, frecce, cerchi, chiazze di colore, gero­glifici, linee dritte, curve, armoniose o tormentate.

Nessun realismo. Si tratta, invece, di raccontare con i segni quello che le parole hanno taciuto.

Quando disegno devo costruirmi un’oasi dove non esistono più il senso della prospettiva, le figure antropomorfiche, la fatica di essere fedele a ciò che vedo.

E’ disegno libero.

E, in quanto libero, deve diventare un momento di tranquilla meditazione, come se fossi in vacanza e non c’è fretta.

Lascio andare la mia mano dove vuole scegliendo il colore della matite a caso.

Anche qui scarico e basta, non sono affatto impegnato a realizzare un’opera d’arte, ad esprimere qualcosa di bello.

Queste sciocchezze le lasciamo agli artisti.

 

Che cosa fa un patafisico? Che cosa lo contraddistingue dagli altri esseri umani?

Parla continuamente di cose che non ci sono ma ne parla con tale entusiasmo e con tale convinzione che è come se ci fossero.

Raccontare con precisione di dettagli di un quadro che non è mai stato dipinto specificando addirittura in quale museo si trovi è Patafisica.

Raccontare le peripezie per trovare un tesoro che non è mai stato seppellito è Patafisica. Illustrare con emozione una musica che non è mai stata scritta è Patafisica.

Parlare di una storia d’amore che ha sconvolto la nostra vita ma che in realtà non abbiamo mai vissuto è Patafisica.

Descrivere nei dettagli un luogo che non esiste arrivando a dare precise indicazioni per raggiungerlo è Patafisica.

Nella dimensione Patafisica è possibile nascere all’età di sessantatrè anni e regredire fino a uno mettendo in atto un percorso esistenziale rovesciato.

Un Patafisico può rientrare la sera e dormire nel suo nido di paglia in cima ad una quercia secolare, può uscire da un uovo e non essere sbattuto o fritto, può trasformarsi in un lupo mannaro un po’ dandy e con l’erre moscia che suona il liuto, può sentirsi alto tre metri e sottile come un giunco ma l’importante, in queste metamorfosi, è che dovrà comportarsi di conseguenza, diventando credibile.

 

 

“Non avrei mai immaginato che la Patafisica fosse così importante nelle relazioni umane …”

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